Sin dall'inizio dello spettacolo, ignorando il finale, ci si può rendere corìto che questa storia sarà molto diversa dalle fiabe lette o ascoltate nell'infanzia.

Sono tutte storie dentro altre storie, storie dentro le quali, in una vertigine infinita, verrà mostrato il rovescio di ogni cosa. 

Liberamente ispirata al libro di lewis Carroll (il suo vero nome era Charles Lutwidge Dodgson – 1832/1898) Alice nel Paese delle Merauiglie - Opéra baroque è ambientata negli anni ottanta del secolo scorso.

Alice  è una ragazzaccia moderna,  punk,  perspicace,  annoiata  che se ne sta seduta sulla panchina di una stazione, accanto alla sorella che legge un libro.

All'improvviso,  però,  ecco un  Bianco  Coniglio dagli occhi rosa che le passa accanto e con la curiosità tipica delle ragzizzine non esita a seguirlo.

Ed anche per questa "Alice di oggi" inizia un viaggio in un buio tunnel sotterraneo, la metropolitana.

Si troverà così a vivere avventure,  ad assistere a meraviglie, ad incontrare personaggi strampalati e curiosi.

Questa  Alice barocca usa imprecazioni,  non esita  a contrapporsi con arroganza, non si lascia intimidire facilmente, ma allo stesso tempo è pur sempre una monella, dalla fantasia accesa, dalla necessità di scoprire nuovi mondi e alla ricerca di emozioni.

I personaggi,  perlopiù animali,  possiedono un corpo con tratti animaleschi e un'anima venata di difetti tipicamente umani; mentre i luoghi e i fatti, sono scarsamente collegati  tra loro in un gioco d'incastri che si susseguono illogici in tante variazioni di "nonsense" nella migliore tradizione carrrolliana.

Accanto ai noti protagonisti del racconto, troviamo nuove figure, il Controllore, Fred, nuovi oggetti come il registratore e naturalmente l'ambientazione all'interno di due scompartimenti ferroviari; inoltre mi sono divertito a modificare certe situazioni come quella  finale in cui I'avventura  ricomincia ma  con  la sorella per protagonista anch'ella attratta dal Coniglio Bianco.

Tra i vagoni del treno, tra buio e luce, tra discesa nell'oscurità (coscienza/incoscenza) e risalite in superficie,  scorrono  sogni,  immaginazioni,  desideri di poter discutere ancora con il Cappellaio Matto, di rincorrere la Lepre Marzolina e che sia sempre I'ora del tè.

Il copione è fuor di misura anche se relativamente breve; è prevista  infatti  una sovrabbondanza di atti,  ben quattro e numerosi personaggi nel più limpido spirito barocco.

È stata I'attualità di questo testo sacro della letteratura,  erroneamente consigliato per l'rnfanzia  (anche se é la prima storia per rgazzi che non cerca di insegnargli come essere più buoni),  a convincermi a stenderne la drammaturgia; basti pensare che i personaggi del sogno di Alice sono ora parte del nostro linguaggio: noi parliamo infatti di gente dal "sorriso come un gatto del Cheshire" o essere "tanto pazzi quanto un cappellaio".

Anche se la psicoanalisi ha posto gli occhi su Alice attribuendole una quantità di simboli che possono offrire ai colti e ai raffinati  I'occasione di una interpretazione  non priva d'interesse, vi consiglio di seguire quella più spontanea attenta al gioco tra parole e immagini che ha guidato anche me in questa meravigliosa opportunità espressiva.

 

NOTE DI REGIA

Alice è uno spettacolo da me sempre desiderato.

ln quest'allestimento, marcatamente dark e surreale , la storia viene vissuta come un sogno - incubo dove i personaggi, sempre inquietanti, si trasformano di continuo assumendo, attraverso il trucco, le fattezze dei vari protagonisti del racconto.

Tutto ambientato nei vagoni  sussultanti di un improbabile metropolitana e lì, in una coreografia continua per il movimento dei vagoni, ecco che i personaggi perdono ancora di più il loro incerto "equilibrio" muovendosi in continuazione  stravaganti nelle fattezze,  nelle  parole e nel  loro muoversi perenne. Corrono affannosamente verso la fine del sogno che, appena finito, ricomincerà senza fine facendoci capire che la loro corsa  verso Ia follia è inarrestabile,  verso la continuazione di un sogno dove tutti siamo proiettati dentro il nostro quotidiano nonsense.

Questa volta è stata la favola a chiamarmi attraverso mille apparizioni di giorno e di notte chiedendomi di farsi fare e ricordarmi che da bambino era un piccolo film che vedevo in continuazione e da grande che non si diventa mai grandi sul serio e che questi folli personaggi ci rassomigliano sempre un po', tutti alla ricerca di un tempo che corre, corre verso uno spazio temporale che va veloce e alla rovescia o insegue se stesso ricordandoci che, come Alice, siamo tutti alla ricerca di mille awenture e di un tempo che non ci condanni a ripetere sempre le nostre inutili futilità perchè lo abbiamo stravolto e "ucciso"; mille avventure che invece ci portino in mondi inesplorati dove possiamo ritrovare il piacere del sogno e di scoperte sempre nuove di noi stessi e dei nostri mondi sotterranei.

Claudio Jankowski


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