Note di regia
Operetta, una ridicola apocalisse, una favola tragica e grottesca dove ogni personaggio diventa inquietante e non è mai quello che sembra.
Il circo si lega ad atmosfere dark, cupe, plumbee; un presentatore fa da tramite con il pubblico che è coinvolto nella scena ed è lui stesso protagonista interpretando la parte del ... pubblico per esempio nella sfilata di moda e la platea diventa luogo scenico: il salone delle feste.
La stessa sfilata di moda prevista nel testo, è doppiata da un'altra sfilata, questa volta vera, altro motivo d'invasione della "vita" nell’incantamento della scena.
"l domestici spazzolano in basso, i signori conversano in alto..." i signori, ora statue immobili ora burattini meccanici, sempre presenti in scena a parlare inutilmente o a spiegare gli avvenimenti, sono accuditi da onnipresenti servi animalescamente pronti ad aggredire non appena si presenti I'occasione.
Su tutto questo si sviluppa lo spettacolo con altri vanesi signori e gentiluomini a concupire e rivestire di ricchezze Albertina, la protagonista, che esce da questo mondo per sognare, attraverso la sua nudità, la purezza di lei e del suo corpo e l'essenza della sua vita al di fuori dell'esistenza soffocante e inutile nella sua continua e quotidiana mascherata.
Persino il vento, il tuono, il mondo di fuori cercano di entrare nella scena per variare la vita, i tempi ma... inutilmente.
I servi rovesciano i signori, tutti rovesciano le loro maschere e le loro immagini nella bara dalla quale rinascerà l'assoluta purezza (nudità) di Albertina, ma non cambierà niente.
E tutto, come sempre, si conclude nella futilità di un certo vivere...nella futilità violenta e scura, di un'operetta dove tutti continuano a ballare senza una ricerca su niente di più.
Claudio Jankowski
Nota critica di Luigi marinelli
Ordinario di lingua e letteratura polacca Università di roma “La Sapienza”
La moda e la storia, o della nudità impossibile.
La storia del XX secolo, o forse la Storia in generale, con le sue atrocità, passioni, infamie e ideologie, vista come un'operetta, un insensato, divino melodrarnma (Gombrowicz parla della "sublime idiozia" e della “sacra stupidità" di questo genere teatrale), che d'improvviso sembra assumere i tratti violenti e cruenti di un dramma romantico di una grande tragedia shakespeariana: la guerra, la rivoluzione (ancora Gombrowicz "L’diozia monumentale dell'operetta, imparentata col pathos monumentale della Storia'), e poi, alla fine, riprendere la forma e gli abiti scintillanti e frivoli dell'operetta, o persino dell'avanspettacolo: nani e ballerine, maggiordomi e professori, politici e stilisti, aristocratici e mariuoli riguadagneranno ineluttabilmente i loro ruoli di comprimari.
E ricomincia, diversa e sempre uguale la gran sfilata/dance macabre di mode, ideologie, rituali, costumi, trucchi e falsità. Nonostante un breve e tanto più ambiguo attimo finale di speranza, non c’è posto nella storia umana - se non appunto come utopia o fugace epifania per la paura, semplice e bella "nudità" della gioventù (Gombrowicz: "Nudità eternamente giovane, giovinezza etemamente nuda.").
E forse non è un caso che quest'opera fin troppo a lungo meditata da Gombrowicz, tanto da risultare alla fine la sua ultima opera letteraria, quasi un testamento teatrale (la sua stesura, dapprima col titolo La storia, risale infatti agli anni 1951-1966, mentre per la prima volta fu rappresentata proprio in ltalia, nel novembre 1969, a pochi mesi dalla morte dell'autore), fu da taluni interpretata come un profetico annuncio della rivolta giovanile del '68 e quindi anche (fin troppo facile per noi oggi, a distanza di più di trentanni, constatarlo), dell’inevitabile fallimento di quella rivolta.
0vviamente, e molto gombrowiczianamente. Gombrowicz, si oppose a questa interpretazione "politica" del suo dramma.
Preso dalla sua ossissione per la "forma come nel resto della sua produzione narrativa e drammaturgica (gli altri suoi due drammi Ivona principessa di Borgogna e Il matrimonio sono del 1938 e 1953).
Gombrowicz è interessato soprattutto alla psicologia individuale, alla possibilità (o piuttosto impossibilità) di una libera espressione dell'io; sempre costretto da "forme", appunto, condizionamenti, maschere, abiti -anzi uniformi-, che lo rendono sostanzialmente infelice ed estraneo a se stesso.
La nudità di Albertina e Ie carezze che un altro giovane come lei ruba al suo corpo immerso nel sonno rappresentano dunque una chiara figura teatrale dell'eterno sogno umano della libertà e della felicità ("dell'anima nuda" aveva scritto nelle sue opere un altro geniale romanziere e drammaturgo polacco d'inizio Novecento, Stanislaw Przybyszewski).
"L'uomo imprigionato negli abiti più bizzarri, più atroci, che sogna la nudità", spiega ancora Gombrowicz. Il sistema della moda diviene allora una grande allegoria dei sistemi sociali, politici, delle ideologie, di tutto ciò che "copre" e impedisce la più semplice e immediata espressione individuale.
Né stupisce che il provocatore Gombrowicz abbia scelto proprio I'operetta, la forma di teatro più frivola e convenzionale per estremizzare il proprio discorso - al fondo inequivocabilmente anarcoide e libertario - sulla condizione umana, dentro e nonostante la Storia.
Operetta è paradossalmente uno dei drammi più "seri" della seconda metà del Nòvecento. Forse anche qui Re Lear scopre in vecchiaia di essere lui stesso il vero buffone, ma la scoperta non è piu fonte di nessuna catarsi,
Le due sfere quella di un inarrivabile sogno di libertà e bellezza e quello della morte - restano definitivamente separate.
Conversazione con ...
KRZYSZTOF ZANUSSI
Quale il senso di un lavoro come "Operetta" maestro?
Il senso di "Operetta" dipende molto dall'interpretazione che di questo testo ne ricava chi decide di metterlo in scena e questo per l'assoluta ambiguità di un autore quale Witold Gombrowicz.
Difatti letture troppo "cartesiane " hanno finito quasi sempre per deludere, per non coglierne il significato apertamente contraddittorio.
Per esempio nell'Opera è affrontato certamente il tema della guerra, della rivoluzione ma non solo da un'unica parte, per la difesa/critica di un unico punto divista.
Questa possibilità è senz'altro stimolante per chi abbia il coraggio di percorrere strade nuove e sconosciute.
Cosa ne pensa della scelta, del sottoscritto (per l'adattamento del testo) e di Claudio Jankowski (per la regia) dello spostamento ai nostri gioni, dell'attualizzazione, dell' azione descritta nella scena?
La trovo molto indovinata viste come dicevo le opportunità contenute in una " storia" così esemplare; pensi ad un personaggio come quello di Albertina così corrispondente all'idea attuale di volgarità, una volgarità così contemporanea ma al tempo stesso indiscutibile simbolo di verità e di bellezza.
Gombrowicz fornisce il"materiale" ma solo come spunto, come suggerimemento, lo stile dipende esclusivamente dalla sensibilità del regista il quale per questo gode di una rara libertà d'espressione.
A questo punto trovo scontato, considerata Ia chiarezza del suo prezioso punto di vista, chiederle se condivide l'utilizzo di musica rap abbondantemente profusa nel nostro spettacolo e di certo inimmaginabile per ragioni anagrafiche dal drammaturgo polacco.
Si è già fatto un po'di tutto, in altri allestimenti si è ricorsi alla musica rock e pop; dia retta a me buttatevi!
Intervista di Stefano M. Palmitessa a Krzysztof Zanussi a Roma per la prima di "Parenti Terribili" di J. Coctenu (8 Gennaio 2002)