Lo spettacolo cui state per assistere è una scrittura di scena cruda e brutale. Agghiacciante nel suo cinismo, straziante per le immagini che presenta. Sarà perchè l’ho concepita durante le roventi notti della scorsa estate, sarà per l’argomento trattato o forse perchè odio i ralenti e le cerimonie del thè delle cinque, W-WAMPIR va consumato tutto d’un fiato. La vostra attenzione, fin dalla prima scena, è concentrata sulla fila di vampiri e di zanne dei personaggi che ingombrano i divani di un tetro salone, il giorno in cui muore l’anno e nasce... per quanto possibile, il nuovo.
Non vi rovino la sorpresa se aggiungo che il piatto forte della "festa vampiresca" è rappresentato da un pover’uomo (Alberto) che ignaro della vera identità degli invitati, sono tutte creature mostruose, attende di essere immolato, come vivanda fresca, da servire con l’immancabile champagne, alla mezzanotte in punto.
Assimilabili agli attuali zombi cinematografici, passando inevitabilmente per la lunga tradizione letteraria che va da Carmilla di Le Fanu (1871) al vittoriano Dracula di Stoker (1897) sino alle pellicole, Nosferatu il Vampiro di Murnau (1922) e Nosferatu di Herzog (1978), i protagonisti di questo incubo si muovono secondo l’eterna logica: ricerca ossessiva di saziarsi del sangue di ignare vittime predestinate. Dracula beve il sangue delle sue vittime appropriandosi della loro linfa vitale, trasmettendo loro, il suo modo di essere.
Ma che cos’è il vampiro? È un essere a metà strada tra la vita e la morte: un morto che non è ancora completamente morto oppure un vivo che non è più completamente vivo. La parola rumena nosferatu vuol dire: Non spirato, ormai sinonimo di vampiro. Egli possiede quindi una natura diversa, succhia per riempire di vita la sua morta esistenza, vegetando in quella "Terra di mezzo” in cui non si è più biologicamente vivi ma non si è ancora definitivamente morti. In quest’inestinguibile sete riconosciamo un’evidente rappresentazione simbolica della vita di cui i morti sono avidi. Alberto, fragile e mite personaggio attirato da un torvo piano a sfondo sentimentale progettato dai di vampirvampiri è il laido pasto di quell’osceno convito. Ma questo tipo di appetito non potrà mai essere saziato e l’amore disperato e mai riposto che egli malnutre per la glaciale Daisy non l’aiutera, proprio come nei peggiori e agitati incubi notturni.
Proprio di un brutto sogno si tratta. Con “W-Wampir" il Laboratorio teatrale conclude una triologia iniziata con lo spettacolo “Le Streghe" e seguita l’anno scorso con l’atto unico "La leggenda del fantasma dell’opera" volta a ricercare elementi di similitudine tra le "diversità", descritte in ambito letterario/artistico e quelle rintracciabili nella vita di tutti i giorni.
Devo aggiungere che il pallore mortale attribuito ai vampiri è pura finzione melodrammatica.
Infatti, nelle apparizioni in società presentano un aspetto sano e vitale e si rivelano per quel che sono, con tutti i sintomi che ben conosciamo, solo se portati alla luce nelle loro bare, perciò, un consiglio: attenti al vostro sconosciuto vicino di bracciolo, potrebbe contagiarvi. Essi danno prova di pazienza e astuzia: pensate solo al fatto di come facciano a fuggire dalla tomba senza muovere la terra o lasciar traccia nella bara. Aggiungerò che come tutti i figli dei piaceri proibiti, la nostra storia ha più un padre; gli antefatti della vicenda che vedrete sono, infatti, due racconti: “Le avventure della notte di S. Silvestro" del sulfureo E.T.A. Hoffmann e "Wampir" del polacco premio nobel WL.ST. Reymont.  E... nel buio... attenti ai baci!


Stefano Maria Palmitessa


Sono vampiri, gusci vuoti caricaturali e gonfi di emozioni inespresse, trasposizioni "mille" anni dopo di altre vite e personaggi che si riuniscono in un incontro salottiero neIl'attesa di "succhiare" un malcapitato ignaro di diventarne il pasto. Il tutto è immerso in un'atmosfera irreale e un po' non-sense di un'improbabiIe festa di San Silvestro. Nel colore che cambia ad ogni accendersi di passioni e di contatti, da nero a "rosso", e in un  
A tempo destinato a non cambiare mai nei secoli ecco la quotidianità del vampiro uomo legato ad una vita monotona malata di esistenzialismo nella sua mancanza di un senso se lasciata solo all'impossessamento di cose e persone che vengono trangugiate. BE il dilemma del nostro vivere fatto solo di rapidi svuotamenti e possessioni senza voler mai riuscire a trovare un senso vero.
Allora che si balli e si brindi nelle più sciocche e imprevedibili conversazioni e se il malcapitato della nostra storia forse si salverà con la luce del giorno noi non ci salveremo nel caravanserraglio della follia del nostro viere. Brindiamo e balliamo da vampiri con i vampiri e al "diavolo" tutto il resto.
Ancora uno spettacolo "specchio" espressionista per ammirarci meglio e ritrovarci nella scena in una helzapoppin divertente e spensierata come nello specchio delle fiabe di Le Prince de Beaumont in cui il vizioso si vede con corna di toro e corpo di drago, secondo l'esagerazione dei suoi vizi, e voi in chi vi ritrovate in questo specchio?
ma i vampiri si vedono nello specchio? Questo pubblico rimarrà stupefatto alla vista del suo doppio ignobile come già sperava Jarry nel suo celeberrimo "Ubu re"? Buon "divertimento"!


Claudio Jankowski

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